SpiritoDiVino087
SPIRITO diVINO 65 In alto, da sinistra, Carlo Boschi (senior brand manager Veuve Clicquot), Francesca Terragni (direttore marketing e comunicazione Moët Hennessy Italia), Fabrizia Meroi e Dominique Demarville (chef de cave Veuve Clicquot); Luigi Taglienti che ha ospitato al ristorante Lume l’Atelier des Grandes Dames. A fianco, in alto, da sinistra, in senso orario: Caterina Ceraudo, Iside de Cesare, Marianna Vitale e Isa Mazzocchi. CHAMPAGNE ( L ’ ATELIER DELLA MAISON ) I Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio. È la più celebre e forse più canticchiata canzone appena dopo la Prima guerra mondiale in Italia. Il 24 maggio è anche la data di nascita di Fabrizia Meroi, chef, cuoca, stella Michelin, con il Laite, ristorante in Sappada. Già, Sappada, da nemmeno un anno tornata in Friuli Venezia Giulia, già provincia di Belluno, Veneto. Un paese vibrante, da mille e poche più anime, con forte identità culturale, filogermanico già nel dialetto locale, con una forte con- notazione geografica grazie alla vicinanza dei monti, le Dolomiti, patrimonio Unesco; la vicina sorgente del Piave, un turismo svilup- pato e in costante fermento. Un unicum in queste zone di frontiera, un’Italia che fa fatica a riconoscersi completamente italiana. Ter- ritorio di confine, territorio di guerra, quella grande Prima guerra che tanto ha tolto e tanto ha dato. A pochi chilometri da Sappada si combatteva, gli uomini abili e arruolati in trincea e le donne, le portatrici carniche, facevano la spola tra il villaggio e i monti per rifornire i soldati tanto di munizioni quanto di viveri. Un mondo che fa base culturale a tutto tondo per comprendere ap- pieno la figura di Fabrizia Meroi. Cuoca, lo abbiamo già scritto, friu- lana, autodidatta, parola che vale più di molte abusate descrizioni. Autodidatta cioè a dire curiosa, viva, scaltra, eclettica, brillante, capace, vispa, tenace; un curriculum di tutto rispetto, anche gastro- È un valore aggiunto al femminile nell’alta ristorazione nomico, che la porta poi ad aprire un ristorante in cui possa espri- mere anima, carattere, temperamento e territorio. Ristorante che si fa presto notare, da un pubblico tanto curioso quanto esigente, tanto attento quanto pronto a raccontarne le qualità. Arriva la Guida Mi- chelin, pronta, se vogliamo, in Italia più che in altri Paesi, a notare una chef donna che fa cucina di altissima fattura nel pieno rispetto di un’identità basata sul territorio. Donna intraprendente e impren- ditrice: elementi cardine su cui si sviluppano temi sempre più cari a una comunicazione ricca e attenta ai valori e ai principi di un saper fare al femminile, teso alla ricerca di un’affermazione in una società e in un contesto a volte fin troppo maschilista. Esempio di questa sensibile attenzione è la Maison Veuve Clicquot Ponsardin, nata sì da un uomo, ma oggi, a secoli di distanza, viva ed effervescente gra- zie specialmente a una grande donna, la vedova Clicquot: Barbe Ni- cole Ponsardin. Un filo rosso, forte e resistente, lega le esperienze, quella di una giovane donna che divenuta vedova prende le redini di un’azienda, quella di una donna che da sola costruisce il suo sa- pere e lo investe in un desiderio che diviene ristorante, un raffinato e ricercato ristorante di qualità. Un fil rouge a cui Veuve Cliquot ha voluto dare un nome: l’Atelier des Grandes Dames, un fil rouge che diventa volontà di dare lustro, luce e visibilità all’imprenditorialità fatta donna. Champagne e tavola, Champagne e cucina, un accordo
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