SpiritoDiVino087
SPIRITO diVINO 98 di Daniele Cernilli S embradavverounmomentodelladialetticadiHegel, la tesi si fa antitesi di fronte a una nuova posizione dello Spirito. Proprio come il servo, che a furia di risolvere problemi al padrone fa sì che esso diventi in realtà to- talmente dipendente da lui, servo del suo stesso servo. Così la critica, in questo caso quella enologica e in Italia, diviene essa stessa oggetto di critica da parte di una nuova critica. Le guide vanno sotto processo sul web e coloro che prima erano, o si ritenevano, i demiurghi fra il pubblico e la «realtà» vengono ridotti a patetici bersagli per gli strali lanciati loro da quel pub- blico che avrebbero voluto rappresentare. Le vendite dei libri crollano, la rete frantuma i punti di vista del passato facendoci approdare in un mondo di «pensieri deboli e forti opinioni» co- me diceva lo scrittore Raffaele La Capria, con grande efficacia, secondome. Undiscorso che non vale solo per il mondo del vino, ovviamente,ma che qui provo adanalizzare solo inquel contesto per ovvi motivi. Una cosa però mi verrebbe da chiedermela. A chi fa comodo tutto questo? Chi ci guadagna dalla sostanziale distruzione della critica enologica, o comunque dal suo ridimen- sionamento? Chi sarebbe contento se i punteggi non fossero più espressi, o in ogni caso avesseromoltomeno peso che inpassato? Intanto quei produttori che hanno una tale forza sul mercato da poterne fare ameno, e che si troverebbero in unmondo dove un sacco di piccole omedie cantine non avrebbero più la possibilità di farsi conoscere, magari ottenendo un punteggio alto da parte di questa o quella guida o di questo o quel critico. Poi chi vende sul web, che potrebbe sostituire alla critica «indipendente» le informazioni tese a favorire il proprio commercio. Di certo non ne avrebbero un gran vantaggio i lettori che, in ogni caso, perde- rebberoquantomenounelementoperpotersi formareunparere più completo, da affiancare al «passa parola», alle discussioni sui forum e alle informazioni che trovano in rete. Considerazioni, punti di vista personali ovviamente, ma che andrebbero analizzate con più attenzione, senza quel «cupio dissolvi» al quale talvolta assisto quando mi capita di ascoltare e seguire discussioni, dibattiti e convegni che parlano di questi temi. Quindi mi ha fatto un po’ effetto l’intervento di PieroMa- stroberardino su Facebook, ripreso poi dal blog di Luciano Pi- gnataro, giornalista ed enogastronomo campano, che potrebbe, sempre seguendounpercorsodialetticohegeliano, rappresentare la sintesi di tutto questo. Mastroberardino, del quale sono vec- chio amico e che stimo da sempre, lancia un sasso nello stagno che rischia di diventare un macigno. Sostiene che la sempre mi- nore credibilitàdella stampa enologica italianadipendedallanon trasparenza di molti comportamenti, più delle aziende che dei singoli, forse, e dall’eccessivo peso di alcune «lobby» nel nostro settore. Commistioni fra azioni promozionali e ruolo giudicante, in primis. Con premi assegnati solo a quei produttori che poi aderiscono alle variemanifestazioni organizzate «a latere» dagli stessi soggetti. Ma anche il fatto che nessuno commenti il sostan- ziale crollo delle azioni in borsa che la massima casa editrice specializzata del nostro Paese ha subito, oltre il 40% inmeno di un anno, che, al di là della veridicità o meno, danno comunque un’immagine chemette in cattiva luce e dà adito a chiacchiericci e a una caduta d’interesse per guide e pubblicazioni. Se a questo ci aggiungiamo la sempre maggiore diffusione di social ecco che il declino è rappresentato in tutta la sua evidenza. Forse è davvero arrivato un momento nel quale un cambio di rotta diventa necessario, pena la fine definitiva di un sistema che inaltri tempi hopersino contribuito a far nascere, con altri scopi e condiversimodi, e che ha avutoun ruolo importantissimonella diffusione della conoscenzadel vinodi qualità in Italia e non solo. Si devono recuperare quei principi di trasparenza e di autore- volezza, si dovrà operare un taglio netto fra il ruolo di critica e di giudizio e quello promozionale, ci dovrà essere una maggiore distanza fra giudicanti e giudicati, con comportamenti deonto- logicamente corretti da tutte le parti. Questo si aspettano da noi i lettori che altrimenti troveranno altri modi per informarsi. Mi sembra di rifare i discorsi di quei politici che sono preoccupati perché la gente non va più a votare, e, se ci pensiamo, le ragioni non sono così diverse. La perdita di credibilità è l’aspetto più evidente, l’autoreferenzialità la segue a ruota. E d’altra parte io resto convinto che la critica, se ben fatta, competente e intel- lettualmente onesta, un ruolo ce l’abbia ancora. ( BOTTA E RISPOSTA ) La critica delle critiche
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